Abbazia Santa Maria di Cadossa

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Il monumento più importante di Montesano Sulla Marcellana è l’Abbazia di Santa Maria di Cadossa, insediamento monastico benedettino di origine medievale, qui si santificò San Cono di Teggiano, trasformato in grancia con una struttura a corte a partire dalla seconda metà del XVI secolo e passato alle dipendenze della Certosa di Padula dal 1519.
Alla luce di recenti studi condotti da importanti studiosi, pare che esso non possa essere identificato con quello “Sancti Simeonis”, donato nel 1086 dal citato Gran Conte Ugo d’Avena a Pietro Pappacarbone, terzo abate della “Santissima Trinità” di Cava dei Tirreni.
Probabilmente il monastero fu cenobio italo-greco poi passato alle dipendenze dell’abbadia benedettina di Venosa.
Dipendeva dall’Abbazia il vicinissimo Casale di Cadossa, posto “prope ipsum monasterium”, abitato da cento famiglie soggette all’autorità dell’abate.
Grandi erano le estensioni di terre di proprietà del monastero specie dopo le donazioni fatte da Margherita di Scotto, contessa di Montesano e moglie di Guglielmo Sanseverino.
Anche Casalnuovo (Casalbuono) era proprietà della Badia, con cento vassalli sui quali l’abate esercitava la giurisdizione feudale.
Una istituzione della quale gli abati di Cadossa ebbero sempre molta cura era l’ospedale, edificato all’estremità della via pubblica, in luogo alquanto elevato, detto ancora oggi “Tempa dell’ospedale”. Distrutto dal terremoto del 1688, non fu più riedificato.
I primi documenti che fanno riferimento al monastero risalgono al XIII secolo. Nel 1238 l’abate di Cadossa dimostra la provenienza e l’appartenenza della Chiesa di San Venera contro i monaci basiliani di Sant’ Andrea Arpio. Nel 1272, Onorato Fornerio, signore del casello di Cadossa, invade la Badia di Santa Maria “sotto colore di volerla difendere”, occupa un mulino e dichiara suoi vassalli gli abitanti di Casalnuovo.
L’abate e i monaci ricorrono al re Carlo I d’Angiò, che impone al Fornerio di desistere dalle sue usurpazioni. Nel 1294 il monastero e il casale passano alle dipendenze dell’Ordine militare ospitaliero della Santissima Trinità di Venosa, più noto sotto il nome di Cavalieri di Malta, e vi rimangono fino al 1306.
E’, infatti, del 1305 il ricorso di questi ultimi al re Carlo contro Guglielmo di Ponziaco, che si era impadronito del casale, e ne ottengono protezione.
Ci rimane tuttora oscura la vita del monastero nel periodo più antico, che pur dovette essere florida. Fu in quell’epoca che, secondo la tradizione, vi trascorse la sua breve esistenza San Cono di Teggiano.
Cadossa, specialmente nel periodo angioino, fu una delle Badie più rinomate dell’ordine benedettino e la voce dei suoi abati si levò autorevole anche nei “pubblici parlamenti”.
Da varie fonti apprendiamo i nomi di alcuni suoi abati: Costa, che accolse il giovane Cono; Mattia da Montecorvino (1306); Guglielmo da Diano (1321); Nicola della Penta (1324); Tommaso; Ruggero (1361) che curò la rinnovazione del primo inventario dei beni della Badia nel 1372.
Ma le continue occupazioni, le aggressioni, le ruberie ed altri motivi ancora, segnarono il decadimento del famoso monastero, che nella metà del XV secolo fu ridotto a “Commenda”, affidata ad abati “commendatari”, i quali non risiedendo sul posto, non facevano che sperperare i sui beni, senza curarsi del culto divino.
Questi i nomi degli abati “commendatari” di Cadossa prima della sua annessione alla Certosa di Padula: Giacomo, verso il 1436; Carletto, arcidiacono sorrentino, dal 1440, Lorenzo Cichi di Buccino; Gian Paolo Vassallo che, nel 1436, fu eletto vescovo di Potenza e sei anni dopo trasferito alla cattedra vescovile di Troia (Foggia); Oliviero Carafa, cardinale arcivescovo di Napoli, nel 1469; Bernardo Brancaccio, nel 1500; ultimo, Giovanni di Gesualdo, nobile napoletano, che aderì alla proposta di cessione fattagli dal Priore di San Lorenzo.
Così, con bolla di Papa Leone X del 17 novembre 1514, Cadossa fu incorporata alla Certosa di Padula. Nel 1519 Giovanni di Gesualdo rinunziò anche ai diritti che si era riservato nella precedente cessione e il monastero cadossano fu trasformato in “grancia” certosina.
Il cenobio certosino, in questo modo, acquisì anche la prerogativa di “Sedes nullius” spettante al monastero benedettino e nel tempo, fu impegnato a difendersi dalle mire espansionistiche di signori locali e goderà dell’indipendenza dalla diocesi di Capaccio e aveva poteri in campo giuridico-amministrativo nei suoi territori.
La badia, all’epoca dell’annessione alla Certosa, versava in stato di avanzato degrado.
Il fabbricato era devastato in più parti e la chiesa minacciava di andare in rovina per vetustà ed abbandono. I Certosini si attivarono immediatamente per il recupero degli edifici, cominciando dalla chiesa. Ne fu costruita una nuova nel 1578 , come si legge inciso sul portale d’ingresso. L’attuale Chiesa sostituì la preesistente, e ingrandirono il complesso. Tale ampliamento determinò la distruzione di una torre merlata ancora visibile in una mappa di inizio ‘700, ed appartenente alla fase medievale, quando il monastero era fortificato, tanto che le fonti scritte lo indicano come castrum Cadosse (1272).
Il Priore chiese ed ottenne dal Papa Gregorio XIII di trasferire il culto dalla vecchia chiesa a quella nuova e di trasformare la prima in abitazione per i religiosi addetti alla “grancia”.
La concessione pontificia, però, fece obbligo di trasportare nella nuova chiesa le cose sacre e le ossa dei cadaveri sepolti in quella antica.
La chiesa esternamente, ha conservato il suo aspetto originale con una facciata in cotto a faccia vista; all’interno, i muri che una volta erano lisci e uniformi, nel periodo medioevale, si presentano ora carichi di stucchi sovrapposti nel periodo barocco. Sull’altare maggiore si eleva, addossato al muro di fondo, il quadro della Vergine Assunta, da sempre titolare della chiesa.
Sulla porta principale della chiesa presenta sull’architrave inciso la data del 1578 e una nicchia in cui è inserito un affresco raffigurante Maria Vergine.
“Ex novo” fu costruita anche la parte centrale della facciata principale. In essa si apre l’imponente portale d’ingresso in pietra bianca di Padula, su cui sono visibili i segni di appartenenza ai monaci certosini, lo stemma della Certosa di Padula con le palme intrecciate, la graticola di San Lorenzo a destra e il monogramma CAR a sinistra. Da questo portale ci si immette nel cortile in fondo al quale si ammira una fontana che richiama quelle esistenti nella Certosa.
L’impianto monumentale presenta una forma rettangolare con la chiesa appoggiata ad uno dei sui lati. All’interno è posto il cortile che presenta sui due lati numerosi locali con archi a tutto sesto: a sinistra la dimora dei frati, con la piccola cella di San Cono, a destra i granai, le stalle, e la residenza al primo piano che si collegava alle grate che permetteva di far affacciare le suore nella chiesa. All’esterno la facciata si divide in tre parti, la chiesa, il portone e il corpo a destra, che culminava con una torre, che conferiva snellezza all’intero monumento.
La “grancia” era retta da un monaco procuratore e da alcuni conversi e laici che mantenevano la chiesa aperta al culto. Il Priore vi si recava il 15 agosto di ogni anno per celebrarvi solenne Pontificale in onore di S. Maria Assunta. Parimenti ogni anno vi si portava la comunità monastica per lo “stanziamento”, gita annuale della durata di un’intera giornata accordata a tutti i monaci.
La Badia dal 1519 seguì le sorti della Certosa: soppressa una prima volta durante il decennio di dominazione francese, nel 1807 anno di soppressione dei monasteri, fu riaperta e ridata ai legittimi proprietari nel 1818. Ma nel 1866 le leggi eversive piemontesi ne decisero la seconda e definitiva soppressione.
Acquistata nel 1869 dai Baroni Gerbasio di Montesano, venne adibita ad abitazione dei coloni della vasta tenuta, a depositi di derrate e a stalle.
Attualmente è la residenza di Don Gaetano Passarelli, figlio di Raffaele Passarelli noto medico pediatra e di Francesca Gerbasio nobile della famiglia napoletana. Tale famiglia nobiliare faceva capo alla fine dell’Ottocento a Gerbasio Federico e Gerbasio Emerigo che conservarono il titolo di barone. La residenza è inserita in un luogo ameno, a sud di Montesano, ricco di acqua e di vegetazione, uno dei luoghi più belli del territorio comunale che fa parte degli ampi possedimenti a valle e a monte di Montesano di proprietà della famiglia Passerelli – Gerbasio.
Degno di nota è l’annuale pellegrinaggio che i Teggianesi e i Montesanesi compiono a Cadossa la prima domenica di agosto, mantenendo così viva la secolare devozione verso San Cono.

The most important monument of Montesano Sulla Maricani is the Abbey of Santa Maria di Cadossa , a Benedictine monastic settlement of medieval origin, where San Cono di Teggiano was sanctified, transformed into a grancia with a courtyard structure starting from from the second half of the 16th century and passed under the control of the Certosa di Padula from 1519 .
In the light of recent studies conducted by important scholars, it seems that it cannot be identified with the one "Sancti Simeonis ", Donated in 1086 by the aforementioned Grand Count Ugo d'Avena to Pietro Pappacarbone, third abbot of the" Holy Trinity "of Cava dei Tirreni.
Probably the monastery was an Italo-Greek cenoby then passed under the Benedictine abbey of Venosa.
The nearby Casale di Cadossa, located "prope ipsum monasterium", inhabited by one hundred families subject to the authority of the abbot, depended on the Abbey. after donations made by Margherita di Scotto, countess of Montesano and wife of Guglielmo Sanseverino.
Casalnuovo (Casalbuono) was also the property of the Abbey, with one hundred vassals over whom the abbot exercised feudal jurisdiction.
An institution of the which the abbots of Cadossa always took great care of was the hospital, built at the end of the public road, in a rather elevated place, still known today as “Tempa dell'ospedale”. Destroyed by the earthquake of 1688 , it was never rebuilt.
The first documents referring to the monastery date back to the 13th century . In 1238 the abbot of Cadossa demonstrates the provenance and belonging of the Church of San Venera against the Basilian monks of Sant 'Andrea Arpio. In 1272 , Onorato Fornerio, lord of the Cadossa toll booth, invades the Abbey of Santa Maria "under the color of wanting to defend it", occupies a mill and declares the inhabitants of Casalnuovo his vassals.
L The abbot and the monks have recourse to King Charles I of Anjou, who forces Fornerio to desist from his usurpations. In 1294 the monastery and the hamlet passed under the command of the Hospitaller Military Order of the Holy Trinity of Venosa, better known under the name of the Knights of Malta, and remained there until 1306 .
It is, in fact, in 1305 the appeal of the latter to King Charles against Guglielmo di Ponziaco, who had taken possession of the farmhouse, and they obtained protection.
There the life of the monastery in the most ancient period still remains obscure, although it must have flourished. It was at that time that, according to tradition, San Cono di Teggiano spent its brief existence there.
Cadossa , especially in the Angevin period, was one of the most renowned abbeys of the Benedictine order and the voice of his abbots rose authoritatively even in the "public parliaments".
From various sources we learn the names of some of his abbots: Costa, who welcomed the young Cono; Mattia from Montecorvino ( 1306 ); William of Diano ( 1321 ); Nicola della Penta ( 1324 ); Thomas; Ruggero ( 1361 ) who oversaw the renewal of the first inventory of the Badia's assets in 1372 .
But the continuous occupations, attacks, robberies and other reasons , marked the decay of the famous monastery, which in the mid-fifteenth century was reduced to "Commenda", entrusted to "commendatory" abbots, who, not residing on the spot, did nothing but squander their goods, regardless of divine worship. < br /> These are the names of the “commendatory” abbots of Cadossa before its annexation to the Certosa di Padula: Giacomo , around 1436; Carletto , Sorrentine archdeacon, from 1440, Lorenzo Cichi of Buccino; Gian Paolo Vassallo who, in 1436 , was elected bishop of Potenza and six years later transferred to the bishopric of Troia (Foggia); Oliviero Carafa , cardinal archbishop of Naples, in 1469 ; Bernardo Brancaccio , in the 1500 ; last, Giovanni di Gesualdo , a Neapolitan noble, who adhered to the sale proposal made to him by the Prior of San Lorenzo.
Thus, with Pope Leo X's bull of 17 November 1514 , Cadossa was incorporated into the Certosa di Padula. In 1519 Giovanni di Gesualdo also renounced the rights that he had reserved in the previous transfer and the Cadossano monastery was transformed into a Carthusian "grancia".
The Carthusian monastery, in this way, also acquired the prerogative of "Sedes nullius" pertaining to the Benedictine monastery and over time, it was committed to defending itself from the expansionist aims of local lords and will enjoy independence from the diocese of Capaccio and had powers in the juridical-administrative field in its territories.
The badia, at the time of its annexation to the Certosa, was in an advanced state of decay.
The building was devastated in several parts and the church threatened to go into ruin due to age and abandonment. The Carthusians immediately took action to restore the buildings, starting with the church. A new one was built in 1578, as can be read engraved on the entrance portal. The current church replaced the existing one, and enlarged the complex. This expansion led to the destruction of a crenellated tower still visible in a map of the early '700 , and belonging to the medieval phase, when the monastery was fortified, so much so that written sources indicate it as castrum Cadosse ( 1272 ).
The Prior asked and obtained from Pope Gregory XIII to transfer the cult from the old church to the new one and to transform the former into a residence for the religious to the "grancia".
The pontifical concession, however, made it obligatory to transport the sacred things and the bones of the corpses buried in the old one to the new church.
The church externally has preserved its original appearance with a brick facade face view; inside, the walls that were once smooth and uniform in the medieval period are now loaded with superimposed stucco in the Baroque period. On the main altar stands the picture of the Virgin of the Assumption, which has always been the titular of the church, leaning against the back wall.
On the main door of the church, the date of 1578 is engraved on the architrave. and a niche in which a fresco depicting the Virgin Mary is inserted.
“Ex novo” the central part of the main facade was also built. In it opens the imposing entrance portal in white stone of Padula, on which the signs of belonging to the Carthusian monks are visible, the emblem of the Certosa di Padula with intertwined palms, the grid of San Lorenzo on the right and the monogram CAR on the left. From this portal you enter the courtyard at the end of which you can admire a fountain that recalls those existing in the Charterhouse.
The monumental structure has a rectangular shape with the church leaning against one of the sides. Inside there is the courtyard which has numerous rooms with round arches on both sides: on the left the residence of the friars, with the small cell of San Cono, on the right the granaries, the stables, and the residence on the first floor which it was connected to the grates that allowed the nuns to look out into the church. Outside the facade is divided into three parts, the church, the door and the body on the right, which culminated in a tower, which gave slenderness to the entire monument.
The "grancia" was supported by a monk procurator and by some lay brothers and sisters who kept the church open for worship. The Prior went there on 15 August of each year to celebrate the solemn Pontifical in honor of S. Maria Assunta. Likewise every year the monastic community was brought there for the "allocation", an annual excursion lasting a whole day granted to all the monks.
The Abbey from 1519 followed the fate of the Certosa : suppressed for the first time during the decade of French domination, in the 1807 year of the suppression of the monasteries, it was reopened and given back to its legitimate owners in 1818 . But in 1866 the subversive Piedmontese laws decided its second and definitive suppression.
Purchased in 1869 by the Barons Gerbasio of Montesano, it was used as a dwelling for the colonists of the vast estate, for food storage and stables.
It is currently the residence of Don Gaetano Passarelli, son of Raffaele Passarelli, a well-known pediatrician and of Francesca Gerbasio, a noble of the Neapolitan family. This noble family was headed at the end of the nineteenth century by Gerbasio Federico and Gerbasio Emerigo who retained the title of baron. The residence is located in a pleasant place, south of Montesano, rich in water and vegetation, one of the most beautiful places in the municipal area which is part of the large estates downstream and upstream of Montesano owned by the Passerelli - Gerbasio family. < br /> Worthy of note is the annual pilgrimage that the Teggianesi and Montesanesi make to Cadossa on the first Sunday of August, thus keeping alive the centuries-old devotion to San Cono.