Grotta dell'Angelo

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Nel Vallo di Diano il culto di San Michele Arcangelo è molto diffuso. Al Santo sono dedicate molte chiese ma anche molte grotte dove, ancora oggi, viene venerato. Tra i santuari primeggia quello di Sala Consilina, mentre tra le grotte vanno ricordate quella di Sant’Angelo a Fasanella, di San Michele alle Grottelle di Padula, di Pertosa e naturalmente di Montesano Sulla Marcellana.
La grotta denominata di Sant’Angelo trovasi in località “Difesa Eliceto” o come comunemente detto in dialetto “Lucito “a breve distanza dal complesso termale di Montesano.
Il termine Difesa, in molti paesi del Vallo di Diano, sta ad indicare una montagna posta, in genere, a nord che si oppone al passaggio dei venti e correnti di tramontana e protegge così la popolazione. Nell’eccezione utilizzata negli Statuti della Terra di Montesano sta ad indicare un bosco recintato di lecci, dove era proibito entrare, introdurre animali al pascolo o tagliare legna.
Chi tagliava i lecci, sia esso laico che religioso, era tenuto a pagare due tarì alla Corte. L’interno della grotta si presenta come una spelonca che va restringendosi verso il fondo. Probabile che sia stata frequentata da animali prima e da uomini in seguito. Sul lato destro si possono individuare due tombe mentre in fondo alla galleria è visibile un altare sul quale probabilmente si trovava la figura del Santo. Un cunicolo, stretto e basso, introduce ad una seconda grotta con rudere che certamente doveva fungere da secondo altare.
Notizie certe si incominciano ad avere solo dal secolo XVII.
Nella più volte citata relazione della visita pastorale del 1687 è menzionata come “Chiesa di San Michele Arcangelo in Criptis”, eretta dal Dottor fisico Vincenzo Cestari.
Era stata, dunque, adattata a cappella rupestre con due vani e due altari con l’aggiunta di elementi nuovi quali due gradinate, una nel primo antro e l’altra per permettere l’accesso al secondo. Il 9 novembre 1718 è visitata dal Vicario apostolico Salomone ed appare negli atti come Cappella “San Michele Arcangelo in Cripta”.
Indubbiamente la grotta, come tante altre nel Vallo di Diano, fungeva da chiese rupestre dove si venerava l’Arcangelo Michele. Per alcuni studiosi l’eremo poteva essere legato al monachesimo bizantino e poteva servire ai religiosi della vicina San Pietro de Tumusso per trascorrervi, a volte una vita da anacoreta, come la loro regola imponeva.
Congetture più fantasiose ipotizzano che la grotta, tramite cunicoli sotterranei, fosse collegata alla comunità di San Pietro e alla chiesa di Santa Sofia e in tal senso sono stati fatti anche tentativi nel terreno per verificarne la veridicità, dimostratosi infruttuosi.
Si allega per una maggiore informazione la relazione dello speologo D’Andrea che ha fatto una indagine volontaria nella grotta.
La grotta, di grande interesse, è stata sede da secoli, come molte altre più note, del tenace e capillare culto micaelico che ha investito in modo pervicace l’intero Cilento ed in particolare il Vallo di Diano. Importato nel Meridione d’Italia a partire dal IV secolo d.C. da vettori anacoretici orientali, ha avuto una vasta diffusione in Occidente, a causa di molti e variegati accadimenti storici.
La presenza antica della colonizzazione magnogreca sulle sponde tirreniche e in particolare cilentane ha procurato a questi territori una osmosi con le popolazioni native, foriera non solo di civilizzazione ed avanzamento socioeconomico, ma anche impregnante per connotazioni linguistiche, culturali antropologiche e religiose.
Il successivo crollo delle frontiere nord- europee dell’Impero Romano d’Occidente, le immigrazioni devastanti dei popoli germanici, i tentativi di riconquista bizantina ed il relativo rafforzamento dei territori meridionali ancora in mano all’Impero Romano d’Oriente, hanno reso questi territori, lontani da Roma, isolati e autarchici.
Lo scontro religioso, oltre che bellico, tra Cristianesimo e Islam nell’Impero bizantino, ha procurato un ulteriore ripascimento dei territori meridionali da tempo grecizzati, per la diaspora di comunità anacoretiche e cenobitiche di provenienza orientale, venutesi a stanziare in aree recondite e pacifiche, come ad es. il Cilento.
Un tessuto materiale e spirituale nuovo, così importato, che nell’Altomedioevo ha visto il culto per gli Angeli e per il suo più combattivo rappresentante, l’Arcangelo Michele, oltre che dispositivo religioso di sopravvivenza, anche efficace Guida nell’affidamento al soprannaturale e nel discernimento sempre difficile tra bene e male, nonché, in ultimo, nell’accompagnamento nell’aldilà dopo la morte.
Stazioni di tale culto, sono le numerosissime grotte titolate nel Meridione e nel Cilento, all’Arcangelo Michele o più genericamente all’Angelo per antonomasia.
La caratteristica distintiva è che si tratta di grotte naturali modellate dalla mano dell’uomo, magari già frequentate in ambito religioso da culti pre-cristiani, poi sincreticamente destinate in epoca paleo-cristiana ad essere volturate con successo al nuovo culto arcangelico.
Queste grotte, dalla notte dei tempi, oltre che grembo per la nascita e rifugio di sopravvivenza per l’Umanità, hanno rappresentato la dogana materiale e spirituale tra la Luce e le Tenebre, tra la Vita e la Morte.
Fascino e attrazione, timore e angoscia si alternano e rendono consapevole l’Uomo dei limiti e dei doni che caratterizzano il suo passaggio esistenziale.
Questa Grotta, in Montesano sulla Marcellana, ben rappresenta tutte queste connotazioni, storiche, religiose, spirituali, antropologiche, fin qui molto sinteticamente delineate.
Davvero dispiace che la cavità non solo abbia da un secolo conosciuto l’estinzione del culto micaelico, pure sopravvissuto in altre stazioni limitrofe del Cilento e del Vallo di Diano, ma che si trovi a repentaglio in termini di sicurezza, salvaguardia e valorizzazione fruitiva.
Abbandonata dai devoti, devastata da malintenzionati e tombaroli, non ha conosciuto ancora, da parte delle Istituzioni preposte, un recupero ed una tutela degne.
Si ricorda qui, che ad opera di Giovanni d’Andrea, si è operato in questa grotta, pochi anni or sono, un cantiere speleotopografico volontario, mirato a coglierne l’importanza storica, artistica e religiosa, oltre che idrogeologica e speleologica.
La Grotta oltre ad essere caratterizzata da una affascinante conformazione geomorfologica, conserva ancora numerosi modellamenti ed allestimenti apportati in epoca antica, con riconoscibile sapienza tesa a mantenerne la sacralità e la praticabilità. Si osserva un’infrastrutturazione di tipo religioso con altari e scale in pietra, nicchie e passaggi ricavati nelle pareti naturali, che trasformano mirabilmente la grotta naturale, in tempio dell’Arcangelo.
Una vera e propria doppia “ecclesia naturalis” che si presenta su due livelli altimetrici collegati tra loro; uno subaereo attraversato trasversalmente da un arco naturale di roccia relitta da crollo e uno ipogeo ad unica navata naturale.
La devastazione e l’incuria non riescono a mascherare e cancellare la suggestività degli ambienti, degli allestimenti, che da soli, nella loro scarna e umile trasformazione antica, “parlano” all’animo del visitatore più sensibile ed attento.
Visite guidate ed una illuminazione artificiale, auspicabili e sostenibili, potrebbero in tutta sicurezza rendere fruibile a tutti un vero e proprio monumento artistico, attualmente a rischio e rischioso per gli avventori.
La cavità fu scelta da eremiti e poi cenobiti di rito orientale, come sede ideale per la rappresentazione del culto micaelico, come scenario per l’attuazione del dispositivo sincretico di conversione in epoca paleocristiana, come cella-asceterio altomedievale per la vicina badia italo-greca di San Pietro.
Numerose leggende vedono la spelonca collegata, da un misterioso camminamento sotterraneo, alla badia posta a valle ed alla chiesetta di Santa Sofia posta a monte e oggi inglobata nella nuova Chiesa Madre.
Il monitoraggio speleologico e topografico a tutt’oggi, se non ha confermato in pieno il mito, ha provato comunque un collegamento idrologico tra le stesse. La tettonica e la giacitura inclinata degli strati calcarei che caratterizzano il pendio ed il profilo di questo versante del colle di Montesano favoriscono di fatto il passaggio, agevole solo per le acque, che pure nella loro saturazione di sali carbonatici disciolti, possono aver favorito imponenti concrezionamenti e relativi nascondimenti.
L’elemento architettonico più rilevante della cavità, frutto della sapienza allestitiva dei monaci e delle maestranze che anticamente resero agibile la chiesa ipogea, è rappresentata dalla rampa di scale che vi dà accesso a partire dalla chiesa semi- epigea. I materiali con cui è stata arditamente costruita, sono rappresentati da scapoli e conci ottenuti dalla demolizione di crostoni stalagmitici.
La conferma della sapienza e del rispetto di quelle operazioni di infrastrutturazione sacra, è l’aver salvaguardato appunto, nella loro integrità morfologica e strutturale, la formazione a cascata delle pagode stalagmitiche, che risultano invece inglobate magnificamente nella murazione di sostruzione della rampa di accesso alla chiesa rupestre inferiore. La mancata demolizione e l’assenza di prelievi di concrezioni stalagmitiche da questa formazione meravigliosa, non sono un caso fortuito, ma una scelta precisa, un intendimento ammirevole, pur rappresentando una fonte di materiale disponibile, potenzialmente oggetto di facile opportunismo costruttivo.
I concrezionamenti sono stati quindi cavati da recessi della cavità ipogea senza alterarne la bellezza estetica, così come per il legante necessario, la malta, ci si è approvvigionati da un vero e proprio cunicolo di miniera avviato in un angolo nascosto della chiesa superiore.
Dei due specifici altari, dedicati all’arcangelo, uno è stato restaurato nel secolo scorso, l’altro devastato.
Un ultimo aspetto, degno di nota archeoastronomica, è un affascinante fenomeno luminoso che è dato osservare dopo il solstizio d’Estate all’interno della chiesa ipogea, cioè nel buio e nel silenzio ovattato della cavità inferiore. Da una fenestratura naturale, ma modellata in antico, aperta nella parete di roccia che diaframma la chiesa ipogea dal pendio esterno, si sprigiona un fascio di luce intensa e rastremata. I raggi solari, concentrati, penetrano nell’oscurità della cavità e colpiscono il paramento in roccia modellata della scala di accesso: ne risulta un fenomeno naturale spiegabile, ma che per i tempi antichi, colorato di soprannaturale, confermava la sacralità della grotta micaelica.
Di questo fenomeno, che da solo, non solo darebbe valore simbolico e spirituale alla solarità quasi apollinea del culto micaelico qui annidato, ma conferirebbe anche valore archeoastronomico a questo affascinante insediamento angelico, esiste solo testimonianza visiva e non documentale antica.
Una conferma però, che il fascio di luce si manifesti ciclicamente e che fosse noto nel passato remoto, è dato da un reliquato toponomastico. La località in cui insiste la cavità micaelica è denominata, da tempo immemore, con il termine ‘Lucito’.
Termine che, dopo ricerche etimologiche, è da ricondurre al latino ‘Luxito’, quindi derivato da ‘Lux, Lucis’ ovvero Luce. Quindi ‘Lucito’ sta per “illuminato”, cioè colpito dalla luce..
Pertanto, non s’indugi, da parte di chi di dovere a cercare i mezzi e le possibilità, per salvaguardare e valorizzare, rendendola fruibile in sicurezza, questa importante testimonianza cultuale e culturale. Alla comunità degli abitanti di Montesano resta il compito sentito di difenderla e tutelarla, anche con l’aiuto dell’Arcangelo….

(A cura di Giovanni D’Andrea Speleologo)
(Foto di Giovanni D’Andrea)

The cave , of great interest, is; it has been the seat for centuries, like many others more ù notes, of the tenacious and widespread Michaelic cult that has stubbornly invested the entire Cilento and in particular the Vallo di Diano. Imported in Southern Italy starting from the 4th century AD. from oriental anchor vectors, it has had a wide diffusion in the West, due to many and varied historical events.
The ancient presence of Magna Graecia colonization on the Tyrrhenian and in particular Cilento shores has given these territories an osmosis with the native populations , herald not only of civilization and socio-economic advancement, but also impregnating for linguistic, cultural, anthropological and religious connotations.
The subsequent collapse of the northern European frontiers of the Western Roman Empire, the devastating immigrations of the Germanic peoples, the attempts at Byzantine reconquest and the relative strengthening of the southern territories still in the hands of the Eastern Roman Empire, have made these territories, far from Rome, isolated and autarchic.
The religious clash, as well as war, between Christianity and Islam in the Byzantine Empire, has brought about a further nourishment of the southern territories which have long been Greek, for the diaspora of communities; anchorites and cenobitic of oriental origin, coming to settle in secluded and peaceful areas, such as for example. the Cilento.
A new material and spiritual fabric, so it is; imported, which in the Early Middle Ages saw the cult of the Angels and its pi ù combative representative, the Archangel Michael , as well as a religious survival device, also an effective guide in entrusting himself to the supernatural and in the always difficult discernment between good and evil, as well as, ultimately, in the accompaniment in the ; aldil à after death.
Stations of this cult, are the numerous caves titled in the South and in Cilento, to the Archangel Michael or more; generically to the Angel par excellence.
The distinctive feature is; that these are natural caves modeled by the hand of man, perhaps already; frequented in the religious field by pre-Christian cults, then syncretically destined in the paleo-Christian era to be successfully turned to the new archangelic cult.
These caves, since the dawn of time, as well as womb for birth and survival refuge for Humanity, they represented the material and spiritual customs between Light and Darkness, between Life and Death.
Charm and attraction, fear and anguish alternate and make man aware of the limits and gifts that characterize his existential passage.
This Grotto, in Montesano sulla Maripendenza, well represents all these historical connotations , religious, spiritual, anthropological, so far very briefly outlined.
Really sorry that the cavity; not only has for a century known the extinction of the Michaelic cult, which also survived in other neighboring stations of Cilento and Vallo di Diano, but that it is in jeopardy in terms of safety, protection and exploitation.
Abandoned by the devotees, devastated by criminals and grave robbers, she has not yet known, from the relevant institutions, a worthy recovery and protection.
It is recalled here, that by Giovanni d ’ Andrea, it is è a voluntary speleotopographic site was carried out in this cave a few years ago, aimed at grasping its historical, artistic and religious importance, as well as its hydrogeological and speleological importance.
The Grotto as well as being characterized by a fascinating geomorphological conformation, still retains numerous models and arrangements made in ancient times, with recognizable wisdom aimed at maintaining its sacredness; and practicability. There is a religious type of infrastructure with altars and stone stairs, niches and passages created in the natural walls, which admirably transform the natural cave into a temple of the Archangel.
A real double “ ecclesia naturalis ” which is presented on two altimetric levels connected to each other; a subaerial one crossed transversely by a natural arch of relict rock from collapse and a hypogeum with a single natural nave.
The devastation and neglect cannot mask and cancel the suggestiveness; of the environments, of the settings, which alone, in their meager and humble ancient transformation, “ speak ” to the soul of the visitor more ù sensitive and attentive.
Guided tours and artificial lighting, desirable and sustainable, could safely make a real artistic monument accessible to all. at risk and risky for the patrons.
La cavit à it was chosen by hermits and then cenobites of the Eastern rite, as the ideal venue for the representation of the Michaelic cult, as a setting for the implementation of the syncretic conversion device in the early Christian era, as an early medieval cell-ascetician for the nearby Italo-Greek abbey of San Pietro.
Numerous legends see the cavern connected, by a mysterious underground walkway, to the abbey located in the valley and to the church of Santa Sofia located upstream and now incorporated into the new Mother Church.
Speleological and topographical monitoring to date, if it has not fully confirmed the myth, it has nevertheless proved a hydrological connection between them. The tectonics and the inclined position of the calcareous layers that characterize the slope and the profile of this side of the Montesano hill in fact favor the passage, easy only for the waters, which even in their saturation of dissolved carbonate salts, may have favored impressive concretions and relative concealments.
The most architectural element significant of the cavity, fruit of the set-up knowledge of the monks and workers who in ancient times made the underground church accessible, è represented by the flight of stairs that gives you; access from the semi-epigean church. The materials with which è was boldly built, are represented by bachelors and ashlars obtained from the demolition of stalagmite crostoni.
The confirmation of the wisdom and respect for those sacred infrastructure operations, è having safeguarded precisely, in their integrity; morphological and structural, the cascade formation of the stalagmite pagodas, which are instead magnificently incorporated into the substructure wall of the access ramp to the lower rock church. The lack of demolition and the absence of stalagmite concretions from this marvelous formation are not a fortune, but a precise choice, an admirable understanding, while representing a source of available material, potentially the object of easy constructive opportunism.
The concretions were then extracted from recesses of the cavity; underground without altering its aesthetic beauty, so it is; as for the necessary binder, the mortar, there is è supplied by a real mine tunnel started in a hidden corner of the upper church.
Of the two specific altars, dedicated to the archangel, one is; was restored in the last century, the other devastated.
One last aspect, worthy of archaeoastronomic note, is; a fascinating luminous phenomenon that è observed after the summer solstice inside the underground church, that is; in the darkness and in the muffled silence of the cavity; inferior. From a natural fenestration, but modeled in ancient times, open in the rock wall that diaphragm the underground church from the external slope, a beam of intense and tapered light is released. The concentrated solar rays penetrate into the darkness; of the cavity and strike the molded rock face of the access staircase: the result is a natural phenomenon that can be explained, but which for ancient times, colored supernaturally, confirmed the sacredness; of the micaelica cave.
Of this phenomenon, which alone would not only give symbolic and spiritual value to the sun; almost Apollonian of the Michaelic cult nested here, but would also confer archaeoastronomic value to this fascinating angelic settlement, there is only visual evidence and no ancient documentary evidence.
A confirmation for ò ;, that the beam of light manifests itself cyclically and that it was known in the distant past, è given by a toponymic reliquary. The resort à in which the cavity insists; micaelica è called, since time immemorial, with the term ‘ Lucito &rsquo ;.
Term which, after etymological researches, is; to be traced back to the Latin ‘ Luxito ’, therefore derived from ‘ Lux, Lucis ’ that is Light. So ‘ Lucito ’ stands for “ enlightened &rdquo ;, that is; struck by the light ..
Therefore, there is no delay on the part of those in duty to seek the means and possibilities to safeguard and enhance, making it usable in safety, this important cultural and cultural testimony. To the community of the inhabitants of Montesano remains the heartfelt task of defending and protecting it, also with the help of the ’ Arcangelo &hellip ;.

(Edited by Giovanni D'Andrea Speleologo)

( Photo by Giovanni D'Andrea)